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Li ho visti dal vivo, li ho visti di traverso, li ho visti bene e li ho pure visti doppi, o forse anche tripli; l'effetto che mi hanno fatto è stato sempre il solito: cantare, battere il piedone e stare attento a non strapparmi la seconda pelle dalle risate. La prima è già andata a farsi fottere da un sacco di tempo e non ho voglia di arrivare troppo in fretta alla nona. Poi ne ho parlato e discusso; alcuni mi hanno raccontato che dopo averli ascoltati, sono riusciti a soddisfare plotoni d'esecuzione di ragazze arrapate, come mai erano stati in grado prima. Pochi mi hanno avvertito che al loro ascolto il pericolo di un repentino calo delle nascite, per un'improvvisa scomparsa dello 'zoe è stata pressochè diretta. Altri mi hanno detto che oramai ne hanno un bisogno pressochè costante e da quando è uscito questo "Songs That Will Get You Laid" hanno smesso di chiamare frequentemente il loro pusher di fiducia e di sputannare kilogrammi di euri in sostanze dannose per l'organismo. Ora la loro vita è cambiata radicalmente e al posto di avere il muso lungo, 24 ore su 24, e gli occhi impallati, iniziano ad elargire gioia da qualsiasi organo munito di orifizio a loro disposizione. Siori e siore, dal pianeta Padovano del rock'n'roll, ecco, ancora una volta, i Bastet, che amati o odiati, sono da considerarsi una delle band capostipiti di questo movimento, dopo i Crackhouse, se la mia mente "fusa", come la sottiletta fila e fondi infilata nel panino caldo della nonna, non sta errando in qualche luogo, che voi non potete scoprire ed io non ricordo. Se permettete, ho appena superato la prova dell'urlo nell'orecchio, consigliatami a suo tempo da Mr.El Bastardo e vi assicuro che non vi è stato alcun eco irradiato, per cui i neuroni sono miracolosamente al loro posto, e più sano della particella di potassio nell'acqua Lete, affermo che i Bastet sono una gran bella realtà tricolore. Oggi giorno, probabilmente sono la band nostrana più indicata per farsi qualche viaggetto all'estero, per portare ovunque la loro fede chiamata "Cock Rock". I Bastet sono stati in cura ovunque, dottori e primari famosi, su tutti l'avvelenato Ric Browde (Poison, etc.); li hanno rinchiusi più volte nelle loro cliniche per studiarne il comportamento, il fenomeno dilagante, e finalmente questo pugno di songs sono qui a dimostrare che la musica è al centro di tutto. Senza delle songs valide non si va da nessuna parte, come senza benza con il Barbie Van. Per cui meglio smetterla con la serietà profusa a piene mani da questa recensione e puntare all'uovo sodo. Ingrano la prima, con una bella "grattata", affermando che il sound dei Bastet è personale, pure essendo indiscutibilmente solcato da "tossico" influenze alla Wildhearts, Faster Pussycat, Motley Crue, Poison e The Dictators. Certo è un bel miscuglione di elementi, provenienti da scene a volte vicine e a volte distanti: Pacino si definisce Mahatma come Handsome Dick si definisce King Of Men, le songs hanno testi irriverenti come se il proto punk fosse nato oggi, ma le coordinate stilistiche se ne vanno più verso la Los Angeles 80's ed i deliri Gingeriani. E' così che apre "Erected", con il suo ritmo baldanzoso ed il suo coro tutto da cantare. E' in definitiva un mostro di rock'n'roll che traccia una linea di giunzione fra 70's, 80's, 90's ed i giorni nostri, sotto l'effetto dell'anfetamina chiamata Bastet. Allora, via con lo sboccato ipnotismo di "Closer To You" e la saltellante hit "Spurtin' Joy Wherever I Go", che suona un pò, come se il Dj del nuovo eter(o)-canale rivelazione, tale "Vanilla Radio", si chiamasse Taime Downe. La song che preferisco è "Broke With A Broken Heart" (riproposta in versione "Karaoke" alla fine del lavoro), forse perchè, dal mio punto di vista, è davvero la massima espressione di personalità che i Bastet potessero mettere a segno. La conclusiva "God Is Good" possiede i riffs più aggressivi dell'intero lavoro. Se vi dicessi che ha qualcosa di stoogesiano, farei incazzare tutti i puristi della "raw power", che si dovrebbero sorbire l'happy chorus di turno; ma che volete... Lasciate che i Bastet procreino! A seguire arriva il Plan Nine sound; ovvero scan rock in stile Hardcore Superstar, Cosmic Ballroom, Backyard Babies. Per molti una band senza infamia ne lode, mentre per il sottoscritto una creatura capace di scrivere delle gran belle songs, certamente devote al genere, ma elevate sopra la media dalla loro capacità di entusiasmare. E' così, sia per le songs già presenti sul loro full-lengt "Generation Action"('00), vale a dire "Let's Dance" e "Lean On Me", che per "Get Up!", presente su "Promo'03 Vol.1", che per le finali "Dead Inside" del '99, Caught In The Act e SuperPsychoLove, risalenti all'Ep d'esordio. Sicuramente, le prime 3 songs sono meglio incise e meno grezze rispetto alle ultime 2, ma il "tiro" da scan party rock, rimane inalterato. Un gran bel split album, ficcatevelo nel cervello... Recensione realizzata da Bruno Rossi |
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